Il dolore della normalità. Il richiamo del tuo Sé

Il dolore della normalità

Il dolore della normalità. Il richiamo del tuo Sé

Quanta pena si può provare nel non assecondare la propria natura?
E quanto dolore si può sentire nell’accorgersi di non sapere qual’è la propria natura, mettendoci in contatto con il dolore della normalità?
Questi punti di stabilità, che cerchiamo di trovare come equilibristi in erba terrorizzati dalla paura di cadere, durano frazioni di tempi infinitesimali, lasciandoci più spossate di prima.
Reduci da ridicoli tentativi di normalità?.
Quella normalità che ci serve come il pane per creare lo spazio necessario a capire chi siamo veramente, vivendo al contempo la nostra diversità.
Un perfetto cane che si morde la coda.

Leggendo L’amante di Lady Chatterley mi è parso ancora più chiaro come sia l’elemento che irrompe nella normalità a permettere di contattare delle verità nascoste. Ma quanta fatica, e dubbio, e dolore. Molto più degli istanti di felicità (ah sapere cosa significa felicità per noi sarebbe già una grande cosa…)

E mi pare ancora più evidente come questa mancata aderenza alle nostre verità sia frutto di traumi d’amore antichi non risolti, ferite emotive per dirlo più facilmente.
Un altro cane che si morde la coda.

Mi rifiuto di credere ad un meccanismo stritolante e ineludibile.
Continuerò a sostenere che la via della Libertà è l’unica perseguibile per essere felici.
Libero arbitrio e libera espressione di sè, aldilà di ogni laccio e vincolo che abbia a che fare con un diffuso senso di indegnità.
Correndo anche il rischio di farsi più male.

Quando si cura una ferita all’inizio ci si fa più male.
Occorre eliminare bene lo sporco, andando più in profondità. Forse è per questo che non si inizia a lavorare su di Sé. Si preferisce un male minore, costante e sopportabile, ad un acuto improvviso e destabilizzante, che faccia emergere cosa è necessario fare. Si preferisce rimanere nel dolore della normalità. Zona confort rassicurante.

La differenza la fa la parola Coraggio. E noi donne ne abbiamo da vendere.

Se solo ce lo ricordassimo.

Stefania Paradiso

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