LA PAROLA E IL CORPO
Mi chiedevo come mai questa Luna non mi parlasse. In realtà, lo stava facendo, ma ovviamente non nel modo in cui il mio cervello sinistro si aspettava. Lo ha fatto in maniera inaspettata, legando la parola al corpo.
Stamattina, intenta a preparare delle cose in cucina, un “fatto” ha richiamato la mia attenzione. Il cucchiaio che stavo usando, quello e non un altro, si è incastrato nella lama del pelapatate. Di per sè solo uno spiacevole contrattempo visto che in nessun modo sono riuscito a separarli, ma poi ho avuto un insight e si è aperto tutto dentro di me.
Quel cucchiaio non è un cucchiaio qualsiasi. È un cucchiaio, dono di un matrimonio, realizzato dall’associazione nowarfactory, che utilizza l’alluminio delle mine antiuomo disinnescate in Laos.
Un materiale, una materia, atomi ed elettroni che portano in sé la memoria di quel tempo e dell’intento che le ha forgiate. Un’attrazione fatale e irresistibile per la funzione di taglio che portano dentro di sè.
Il cucchiaio, oggetto costituito da una materia modificata in altra forma per portare un messaggio di pace, non perde la sua natura primaria. L’assenza di coscienza che il cucchiaio ha, porta le sue cellule ad un lentissimo processo di modifica della propria natura. Lentissimo. E di conseguenza l’attrazione per la lama, nel rispetto dell’intento con cui è stata plasmata, non cessa di agire magneticamente.
Il corpo e la memoria
L’estensione al corpo, in quanto costituito di materia, di atomi ed elettroni che sono identici a quelli del cucchiaio nella loro essenza, mi appare rivelatore. Il nostro corpo fisico È il mezzo attraverso il quale entriamo e agiamo nella materia. Ed è composto da cellule che hanno la loro origine nel mistero della Vita. Anche condividendo la visione prettamente scientifica dell’incontro tra un ovulo ed uno spermatozoo, non possiamo non chiederci quali informazioni l’ovulo e lo spermatozoo portano dentro di sé.
Abbiamo un imprinting di base, scritto nel nostro DNA.
Questo ci appare chiaro nel fisico, nella somiglianza con i familiari, nelle attitudini che esprimiamo. Ma anche nei retaggi, nei condizionamenti, nelle ricorrenze degli eventi generazionali. Nella struttura che ci determina. Studi genetici hanno rivelato il potere della memoria cellulare e la sua influenza sui nostri tratti fisici e psicologici, la propensione a determinate malattie, fobie, passioni.
Ma a differenza del cucchiaio siamo dotati di coscienza.
Cosciènza (letter. ant. consciènza, consciènzia) s. f. [dal lat. conscientia, der. di conscire; v. cosciente]. – Consapevolezza che il soggetto ha di sé stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività interiori
Enciclopedia Treccani
La parola
La parola è un segmento organico indivisibile di suoni, che abbia significato anche da solo, con cui l’uomo comunica.
La parola, astrazione simbolica, nasce accanto all’oggetto o all’azione che rappresenta. Nella realtà esterna, di per sé, è un suono, al massimo è un carattere tracciato su un supporto: è un significante che porta un significato.
Ma non è solo questo. La parola, come ogni allegoria e metafora, non è mera descrizione, ma è un’entità creativa – scegliendola si sceglie e genera una realtà.
Quest’azione di scegliere la parola non descrive solo il sentimento, l’energia, ma gli dà forma
Un’azione così potente ha un impatto formidabile sulla vita umana: migliore il nostro uso delle parole, migliore il nostro potere sulla nostra realtà.
(da una parola al giorno)
La parola e la memoria

Attraverso le parole ricordiamo.
Le parole, dette o pensate, formano frasi dentro di noi. Affermazioni di realtà che si colorano della qualità energetica che a quelle parole diamo. Amorevoli, giudicanti, cattive, accoglienti, comprensive, diffamatorie, ingannatrici, comprensive. La qualità della parola fa la differenza. E la memoria si serve di parole (e di immagini alle quali diamo significato attraverso le parole).
La parola e la memoria sono espressioni del nostro sviluppo cognitivo e ci permettono di esistere attraverso un linguaggio codificato, un’impresa che ci porta a considerarci (non senza eccessi e ingiustizie) entità superiori all’interno della natura. Entrambi condizionano anche la nostra identità individuale e collettiva.
Da questa prospettiva le parole diventano un veicolo, un’arma o uno strumento a seconda di chi le maneggia.
Luna piena in Gemelli
Il Gemelli è il segno della comunicazione, quindi della parola usata come mezzo di relazione con gli altri. La Luna piena in Gemelli esalta e amplifica la nostra relazione con la parola.
È una parola di Verità? È amorevole oppure no? La usiamo come arma contro gli altri oppure per orientare ed indirizzare?
Il Sole in Sagittario, dalla parte opposta, ci ricorda che questa trasmissione di contenuti è legata al raggiungimento di un obiettivo. Nel suo senso più alto l’obiettivo del Sagittario è legato alla Fede e alla Fiducia. Anche qui dovrei domandarmi di quale Fede sto parlando e di come le mie parole la sostengono.
La Fede in cosa? In chi? Che significato do alla parola Fiducia?
Serpeggia sotto tutto questo il bisogno di esprimere una Verità che si basi su uno spazio di Fiducia. Interiore ed esteriore. Una Verità che come tale mi illumini e mi orienti nelle scelte, nell’espressione del potenziale più alto di questa configurazione Fede/Parola. Un potenziale che si scontra, al momento, con una realtà manifesta ben più vicina alla presenza di Lilith in Gemelli che al momento in cui scrivo è alle spalle della Luna.
Lilith in Gemelli
La Lilith, per tradizione è la Luna nera, la parte che non vedo, quella legata alle emozioni profonde e destabilizzanti. Un pianeta che gode di cattiva fama per le qualità di rabbia e manipolazione che porta con sé.
Sì. Ho usato la parola qualità. Perché tutto è neutrale fino a quando non viene inserito nel nostro spazio di coscienza, che lavora solo per opposizione. Dove mettere le parole rabbia e manipolazione, tra buono e cattivo, risulta legato allo spazio di coscienza che le accoglie.
La Lilith ci ricorda una modalità. Quella dell’uso manipolatorio della parola per raggiungere il fine necessario.
Ognuno estenda questa affermazione al proprio campo di realtà. Individuale e collettivo. E gli dia il significato che più corrisponde al proprio vissuto con la manipolazione.
A me, quello che interessa, è chiudere il collegamento con il cucchiaio dell’inizio.
La parola e il corpo
Il comune denominatore è quindi la memoria. La memoria è la capacità che l’uomo in particolare ha di ricordare, cioè di conservare nozioni ed esperienze del passato.
Possiamo ricordare tramite la parola o tramite il corpo.
E il corpo non mente. La parola sì. Lilith ce lo dice chiaramente ricordandoci la capacità che abbiamo sviluppata di mentire (e mentirci).
Perché possiamo raccontarci quello che ci fa più comodo per raggiungere il fine che vogliamo.
Difenderci dal dolore? Accusare l’altro? Rievocare la felicità per accorgerci che oggi manca? Giudicare il nostro interlocutore? Agire sul presente per determinare un futuro uguale al passato?
Quel cucchiaio non ha nessuna possibilità di raccontarsi frottole. La sua energia si muove, diretta e precisa verso ciò che le sue cellule riconoscono.
Per inciso, non sono riuscita a separarli senza romperli.
Colgo l’opportunità che il mio corpo, attraverso le sue cellule mi porta.
Ascolto il mio disagio.
Mi fermo a leggere dov’è, come si manifesta, cosa mi dice. In questo momento in cui le parole sono fonte di confusione e smarrimento, la direzione che il mio corpo attraverso il suo linguaggio assume, mi aiuta ad orientarmi tra orizzonti contrapposti e conflittuali.
Mi ascolto
Mi sento
Perché, a differenza del cucchiaio, ho una coscienza. E quella ripetizione, quell’attrazione automatica e inevitabile che il mio corpo manifesta come memoria energetica, può essere indagata ed osservata.
Partendo dall’emozione o dal sintomo fisico. Senza paura di scoprire nuove parole dentro di me. Senza paura di accedere a frasi che fuggo perché so che parlano di me.
Riscoprendo il potere creativo della parola, come capacità di rigenerarmi ripartendo dalle mie stesse ceneri. Quelle che si creano dopo che la parola di Verità avrà incendiato le mie fortezze difensive.
XV-Le Diable/Lilith
La parola di Verità fa paura. Perché ci richiama alla responsabilità di noi stessi. Perché la Verità è soggettiva e la sua scoperta fa parte del nostro percorso di evoluzione. Nei Tarocchi la Lilith è associata alla carta n. XV – Le Diable.

Difficile dirlo ma si può intuire. Il Diavolo è un archetipo che parla della scoperta della Verità attraverso l’inganno. E della possibilità di scoprire come ce la raccontiamo, e perché.
È il guardiano della soglia della nostra libertà interiore. Ci mette di fronte a quello che non vogliamo vedere.
La bugia che ci diciamo all’interno di questo archetipo è evidente. “Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi” è perfetto per questo arcano. A questo livello di coscienza possiamo raccontarcela, ma lo sappiamo, in fondo, che ce la stiamo raccontando. E ascoltando bene, comprendiamo.
Nella carta del Diavolo le orecchie dei prigionieri sono grandi, sproporzionate, un attributo del corpo messo in primo piano. Un corpo nudo che parla di memorie di legami, gabbie, condizioni, vincoli che dobbiamo comprendere e trasmutare per far uscire la Luce che contengono.
Quell’attrazione fatale verso ciò che ci fa male è la chiave di libertà della Lilith in Gemelli. Quelle parole ingannatorie che ci illudono nel piacere, anche masochista, laddove il corpo esprime disagio, ci rivelano la Via.
Da seguire a piccoli passi seguendo i sassolini che la nostra Anima ci mette continuamente sotto gli occhi.