XX – Le Jugement

XX-Le jugement

Continuiamo il nostro percorso 22 arcani x 22 giorni esplorando il rapporto tra Arcani Maggiori dei Tarocchi di Marsiglia e il Coronavirus con XX – Le Jugement

Le Jugement è l’Arcano n. XX dei Tarocchi di Marsiglia. Quasi a destinazione della nostra fine del Percorso del Bagatto incontriamo un arcano amato per il suo contenuto di rinnovamento e rinascita. Parole che certamente lo riguardano, ma l’uscita dal labirinto, che nel Sole è un passaggio di liberazione, chiede in questa carta una consapevolezza della Coscienza pari alle 2 X che la contraddistinguono.

Se nell’Arcano X de La Roue de Fortune, potevamo contare sullo sviluppo di un osservatore attento a non cadere preda del vortice della ruota, qui l’Osservatore ha raggiunto una dimensione integrata. Una Coscienza che non è quella spontanea de L’Etoile e neanche quella emozionale o razionale de La Lune e de Le Soleil.

No, qui la Coscienza integrata ci chiede altro.

La resurrezione come percorso

La Resurrezione è il ritorno dalla morte alla Vita e come tale è un processo, un movimento.

La chiamata dell’Angelo non è lo squillo di tromba della Vittoria finale, ma il monito a ricordare di muoverci. L’Angelo è quello dell’Apocalisse e ci ricorda, anche come conseguenza della posizione sulla colonna VI-XIII-XX, che il libero arbitrio è la condizione data per sviluppare la Conoscenza di sè.

Claudio Widmann, parlando di questo arcano, prende a riferimento Il Processo di Kafka per ricordare come, la mancanza del movimento richiesto da questo Arcano, in maniera così plateale, porti ad una autoprigionia e alla perdita della Vita come occasione di individuazione.

Allo stesso tempo, l’assunzione di responsabilità nell’individuazione, consegna ad un giudizio ricorrente come risultato di un processo che è un’analisi del proprio vissuto per verificare dove si è, rispondendo così alla domanda che Dio fece ad Adamo nel Giardino dell’Eden dopo che ebbe mangiato la mela.

Dove sei?

XX-Le jugement
XX-Le jugement

Dove sei? ci chiede Dio. Se abbiamo una mappa e un percorso da seguire, possiamo a ragione farci questa domanda. Possiamo farlo anche se la mappa non ce l’abbiamo, tanto l’esperienza empirica sostituisce ampiamente, come ha fatto per secoli, l’ipotesi teorica.

E grazie a Le Jugement possiamo muoverci tra continui verdetti che sono in realtà assoluzioni temporanee che cambiano di scena in scena, perché siamo sempre nel movimento di individuazione. Il giudizio è ininterrotto.

Ed è quindi importante essere nel processo, assumersi il compito. Così che ogni risultato sarà comunque utile al movimento.

Dice l’Apocalisse

Io conosco le tue opere, che tu non sei né freddo né caldo. Oh, fossi tu freddo o caldo! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né caldo, io sto per vomitarti dalla mia bocca.

Apocalisse 3, 15-16

e sia nell’arcano VI che ne Le Jugement, a livelli differenti, siamo nella necessità di prendere una posizione.

Se invece la domanda non ce la facciamo e ci nascondiamo, finiamo per essere sempre più distanti da noi stessi ed ecco che si scivola nella falsità. Parola che questa carta contiene e che ci svela nel cartiglio grazie a la Langue Vert di cui abbiamo parlano ne La Maison Dieu.

Da le Jugement a Le Juge ment. Il giudice mente.

La libertà

Ritornando al processo, nel gioco di parole che crea, è interessante il concetto di libertà condizionata che ne deriva. Se qualcuno mi chiede conto di dove sono, vuol dire che c’è un territorio nel quale mi muovo, delle coordinate di riferimento.

Quindi la libertà è condizionata. Da cosa? Dal principio individuativo che fa riferimento al mio potenziale di nascita.

Ognuno di noi è libero di essere esattamente quello che è.

Ma, come dice Osho in Amore e Libertà

La libertà confonde. Confonde perché dovete decidere ad ogni istante. Chiedete regole precise affinché non sia necessario per voi essere consapevoli. Affinché non dobbiate essere pronti a rispondere, cioè responsabili.

A me sembra che questa carta non parli d’altro e che ci rimandi alla responsabilità di una libertà che dobbiamo utilizzare per muoverci consapevolmente nella direzione di quello che siamo. A questo punto del percorso siamo in grado di farlo.

Il corpo

Ne XX-Le Jugement i corpi sono in primo piano. Di spalle un corpo che esce da una tomba, o da un labirinto, a volte azzurro a ricordarci l’androginia possibile a questo livello della carta, e due personaggi ai suoi lati. Tutti nudi.

Dante nel XIV canto del Paradiso parla del dogma della resurrezione dei corpi, ricordandoci che i Santi anelano a riprendere il corpo che sarà restituito integro il giorno del Giudizio Universale.

La separazione è infatti una illusione e nulla potrebbe l’Anima senza il corpo in questa dimensione. L’anima sola è imperfetta e Dio stesso si è incarnato attraverso Gesù.

Il corpo è sacro e lo usiamo sia per conoscere, intellettualmente e affettivamente, sia per vivere l’amore visto che l’unione sessuale è il tentativo di riportare ad unità ciò che è separato facendo di due persone una carne sola.

Il corpo è anche il tramite con il quale arriviamo in questa dimensione, passando attraverso la gravidanza. L’immersione nelle acque uterine è anche il passaggio della scrittura cellulare attraverso l’unione di un ovulo e di uno spermatozoo, portatori di informazioni genetiche attraverso il DNA nel quale sono scritti permessi e divieti, come l’epigenetica ci racconta.

La genealogia ne Le Jugement

Tra l’arcano de L’Amoreux e Le Jugement è evidente il gioco delle differenze. Tanto ci si tocca nella VI quanto ci si distanzia nella XX. Ne L’Amoreux l’orientamento al passato è veicolato dall’esperienza e dalla paura del futuro che, a sua volta, ci attrae con il desiderio. Ne Le Jugement la separazione e le mani giunte sul cuore ci inducono a pensare ad una distanza raggiunta rispetto ai genitori naturali.

Ma gli archetipi sono istinti e non ci sono punti di arrivo se non come conclamazione di un processo che si chiude e si riapre immediatamente, come l’Uroboro onnipresente. E a questo principio non si sottrae neanche Le Jugement.

E l’istinto è quello dell’individuazione, della ricerca della realizzazione di quella libertà di essere me stesso che è il Dono della Vita.

Per individuarmi devo separarmi.

Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.

Matteo 10,34-36

L’Epi-genetica

Il nostro vissuto, all’interno di un contesto familiare con una sua precisa genealogia è l’ambiente nel quale sviluppo l’esperienza e le paure. Le memorie del passato vengono trasmesse nelle acque della gestazione e così è dall’origine. Nel nostro DNA si scrivono permessi e divieti, come interruttori on/off che ci guidano nella manifestazione e che l’epi-genetica cerca di spiegare per il momento con particolare riguardo al corpo fisico.

Abbiamo una configurazione da esprimere. Il potenziale del Bateleur lo realizziamo ne Le Monde. In mezzo abbiamo tutto un gran da fare a rimettere gli interruttori al loro posto. E abbiamo la possibilità anche di capire quali sono.

Ricordate gli aspetti astrologici?

Gli aspetti rappresentano la connessione fra due energie che si traducono in blocchi da risolvere o opportunità da cavalcare per sviluppare le nostre potenzialità. E si formano nel momento esatto della nostra nascita. In quel momento e in quel luogo.

E in quella famiglia. Che abbiamo scelto proprio per le sue caratteristiche, conseguenza del suo albero genealogico. Caratteristiche che creeranno le condizioni di contatto e sviluppo del nostro potenziale.

Difficile razionalizzare un aspetto che è allo stesso tempo magico e logico.

La condensazione dell’energia in una forma che permetta la nostra esperienza, in quel preciso momento della nascita, è un miracolo che da solo giustifica la fiducia nel processo. Qualunque ne sia l’intensità e il colore.

Ci esprimiamo con un corpo fisico, emotivo e mentale che nei primi anni della nostra vita non può che dipendere da informazioni genetiche e coordinate dell’ambiente familiare. Le memorie del passato sono scritte nelle nostre cellule. A noi la consapevolezza che man mano che le incontreremo, vivendole, lavorandole e integrandole, ci permetteranno di esprimere una personalità sempre più integra e libera.

La lettura della stanza

XX-Le Jugement
XX-Le Jugement

Grande è stata la nostra meraviglia quando il Tarot ci ha regalato una chiara evidenza di questo aspetto, suggerendoci la via per trasmutare, utilizzando il dono più alto che l’essere umano ha ricevuto, cioè il libero arbitrio.

La madre è il tramite delle memorie e delle necessarie trasmutazioni che ci richiedono, ed è la capacità di mettere a frutto l’esperienza della Vita che ci consente, passo dopo passo, di procedere nella direzione de Le Jugement.

Una lettura che è, allo stesso tempo, un messaggio di speranza e la conferma del processo, nella somma de La Papesse de La Lune.

Il corpo e “non mi abbracciare”

Ne XX-Le Jugement il corpo è al centro. In quella nudità, che ormai ci segue da un po’, la sacralità del corpo come veicolo e strumento della nostra individuazione è così evidente da chiederci dove siamo rispetto ad esso. Ne La Maison Dieu è emersa prepotente l’importanza di avere un veicolo continuamente ripulito da parassiti e scorie e qui, utilizzando Le Pendu e La Justice come coppia di Arcani, troviamo l’esaltazione del corpo e del principio di piacere. Tramite l’8, numero del Cristo risorto.

Se ci chiediamo il perché di quella distanza, chiaro richiamo all’episodio del Cristo e della Maddalena fuori dal sepolcro, non possiamo esaurire il discorso con l’istinto all’individuazione. Non spiega la difficoltà che incontriamo.

Quel noli me tangere, cioè non mi toccare nella versione a noi nota, si muta in un non mi abbracciare, perché il nostro abbraccio sarebbe mortale, perché io non son più vivo e alimenteresti l’illusione di me. Un modo più accogliente e tenero di confermare la differenza dello stato.

Eppure quell’abbraccio mortale a me richiama, in questo arcano, il concetto di amore cieco di Bert Hellinger, padre delle costellazioni familiari.

L’amore cieco

L’amore cieco è l’effetto di un mix di fattori. Condizionamenti culturali e religiosi, morale, educazione, interruttori on-off e, chiaramente, il nostro progetto dell’Anima. Ma qui l’accento è su un amore malato che ci trasforma in vittime di noi stessi.

Sacrificare la propria esistenza per i nostri affetti più cari, nell’illusione di poterli salvare, ci condanna a una vita di fallimenti, di solitudine, di malattia fino alla morte. In un processo di implosione energetica che, negando costantemente l’istinto di individuazione ci trascina verso il basso.

L’amore cieco crea l’irretimento spingendo a prendere il posto di qualcun’altro presente nella famiglia o nell’albero geneaologico che ha lasciato un nodo da risolvere.

Questo nodo è una via per il nostro processo di individuazione, non uno stato che deve congelarci in quello che non siamo.

Cogliendo l’occasione di lavorarci onoriamo il dolore e la sofferenza, ma non ci prendiamo il carico energetico che porta con sé, che per noi è soltanto il tramite per l’esperienza.

Senza negare l’importanza di uno strumento come le costellazioni familiari, comunque la nostra Vita ci manifesterà la problematica e aldilà del conoscere o meno l’origine dell’irretimento, avremo la possibilità di lavorare sul nodo energetico.

Sarà questo il modo di onorare la memoria, ringraziando per l’occasione di poter lavorare su di noi.

Se vuoi ascoltare l’audio della stanza de Le Jugement

Proseguiamo il nostro cammino, domani giornata della Pasqua, con Le Monde. Per iscriverti alla stanza di oggi vai qui

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